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Lo sciopero e le proteste dei giorni scorsi, le migliaia di studenti (e non solo) scesi in piazza nelle varie città del mondo con cartelli, striscioni e slogan, avevano un unico refrain ripetuto: “Non c’è più tempo da perdere. Se vogliamo salvare il pianeta, dobbiamo darci da fare”.

La ragazzina con le trecce che ci inchioda alle nostre responsabilità.

E’ il grido di allarme lanciato da Greta Thunberg, la giovane attivista svedese dal viso pulito e dal piglio risoluto. Greta, infatti, è stata in grado di calamitare l’attenzione (ed anche alcune critiche) di tutto il planisfero.

Si tratta di un’allerta che non ha confini geografici o di lingua.

Katowice, l’incontro dei governi sul cambiamento climatico

Nel corso della Conferenza Onu sul cambiamento climatico svoltasi lo scorso dicembre a Katowice, in Polonia, 16 capi di Stato e di governi europei hanno firmato una dichiarazione congiunta che pone l’attenzione sulla darammatica situazione del nostro pianeta.

La nostra generazione è la prima a sperimentare il rapido aumento delle temperature in tutto il mondo e probabilmente l'ultima che effettivamente possa combattere l'imminente crisi climatica globale", è la parte iniziale del documento collettivo, che pone l’attenzione su come siamo arrivati ad una situazione di vera e propria emergenza.

Un problema che riguarda tutti da vicino, impossibile da non vedere

Lo percepiamo quotidianamente, non abbiamo certo bisogno di leggerlo sui giornali: ci basta uscire di casa ed osservare l’ambiente che ci circonda per percepire temperature anomale rispetto alle stagioni, scorgere siccità diffusa, inesistenti precipitazioni.

Una situazione documentata dalle variazioni delle stagioni e del meteo, che sommate alla carenza idrica ed alla crisi dei raccolti, rischia davvero di mettere in ginocchio la civiltà umana.

Ma non è il caso di puntare il dito contro qualcuno in particolare: abbiamo una responsabilità globale, dalla quale nessuna nazione è esente.

Tutti dovremmo ridurre le emissioni di carbonio, utilizzare energie rinnovabili in sostituzione di quelle fossili e porre rimedio ai livelli record dei gas ad effetto serra, responsabili dell’intrappolamento del calore nell’atmosfera.

La temperatura terrestre ha infatti raggiunto livelli pari a quelli di miloni di anni fa, quando la terra era più calda di 2 o 3 gradi ed il livelllo del mare era di 10/20 metri più alto.

La concentrazione media di anidride carbonica a livello globale è in continua crescita: siamo passati dalle 400,1 parti per milione del 2015 alle 403,3 dell’anno successivo, fino ad arrivare alle 405,5 parti per milione del 2017.

Si tratta di metano immesso nell’atmosfra da zone umide e termali (circa il 40% delle emissioni totali), da allevamento del bestiame, da coltivazione del riso, dallo sfruttamento di combustibili fossili, da discariche e combustione di biomassa.

Non solo il metano, tuttavia, daneggia l’ambiente. Il protossido di azoto è fortemente impattante sullo strato di ozono che ci ripara dai raggi ultravioletti solari ed anche il CFC-11, ovverosia il triclorofluorometano, usato come agente refrigerante, sta sensibilimente riducendo l’ozono stratosferico.

Tutte queste criticità portano ad un unico risultato negativo: l’aumento della temperatura. L’anno che ci siamo appena lasciati alle spalle è stato infatti il più caldo di sempre dal 1880, con la media in crescita di circa 1,06 gradi rispetto alla media quarantennale del periodo preso in esame, che va dal 1880 al 1920.

Andrà sempre peggio, bisogna intervenire quanto prima

Siamo abituati ad aprire le finestre di casa per cambiare l’aria, ma ci dimentichiamo che da tempo si sono ormai chiuse le finestre di opportunità per agire.

Se non attueremo un immediato taglio delle emissioni di anidride carbonica e gas responsabili dell’effetto serra, la vita sulla Terra sarà drammaticamente distrutta” ha annunciato il responsabile della World Meteorological Organization, che a novembre ha pubblicato un rapporto sulle emissioni di gas.

Se non si riuscirà a mantenere l’innalzamento delle temperature sotto gli 1, 5 gradi centrigradi ci troveremo dinannzi ad uno spettacolo desolante, fatto di siccità, scioglimento dei ghiacciai, carestie. Scompariranno le barriere coralline, si estingueranno specie vegetali ed animali, assisteremo ad inondazioni e catastrofi naturali ripetute.

Uno scenario ampiamente annunciato dalle ondate di calore mortali consecutive verificatesi a partire dal 2000, che hanno falcidiato Pakistan, Iran, Golfo Persico e di Oman, Montreal, Africa, Corea.

Cosa succederà nel futuro che ci attende? Lo scenario è preoccupante

Le conseguenze quali saranno? Ci saranno milioni di persone costrette ad allontanarsi dai luoghi dove vivono, fuggendo dall’umidità e dall’innalzamento del livello del mare.

Ciò già avviene lungo le rive del Mekong, in Vietnam, dove i campi coltivati sono inquinati dal sale, a Giacarta, dove il mare ha invaso le strade, in Alaska, dove il mare mangia le coste.

Sono solo alcuni dei molteplici problemi evidenti, cui si aggiungono i cicloni, gli uragani, la siccità ed i conseguenti incendi.

Drammaticità originate dal surriscaldamento atmosferico, che incrementa l’intenistà degli uragani, delle inondazioni, delle alluvioni, che traggono la loro forza proprio dal calore presente negli strati superiori dell’oceano.

Studi recenti hanno anticipato che, se le temperature salissero di 3 o 4 gradi centrigradi, gli uragani potrebbero aumetnare di un terzo e la velocità del vento incrementarsi di 25 nodi.

Le proteste di Greta e dei suoi seguaci dimostrano che, finalmente, molti giovani prestano attenzione al clima, alla politica, allo sviluppo di nuove tecnologie.

Anche le nuove generazioni si preoccupano pensando al futuro, sebbene questa loro attenzione contrasti con il menefreghismo di alcuni paesi che continuano con la loro attività senza porsi grandi problemi.

In genere i paesi meno sviluppati, con meno fabbriche, centrali elettriche ed automobili, sono i più ambiziosi, perché devono intervenire meno per fronteggiare le emissioni.

Ma molto si può fare, a livello nazionale, anche indirizzandosi verso le energie rinnovabili.

Nei prossimi 20 anni bisognerà trasformare le produzioni, ricorrendo all’energia eolica, solare, e ridurre il ricorso al carbone.

I primi passi in questo senso li sta muovendo la California, che ha destinato centinaia di milioni di dollari per finanziare programmi volti a sistemare le foreste degradate, ripristinare le zone umide e prendersene cura per ridurre il rischio di incendi violenti.

Per prevenire è tardi, ma forse c’è ancora tempo per curare e rimediare

Insomma, il futuro energetico del pianeta è nelle mani dei governi, ma anche della mobilitazione collettiva.

E se i giovani, abitualmente poco interessati alle tematiche mondiali, sono scesi in campo, forse questo sta a significare che la prospettiva di avere un futuro drammatico li spaventa davvero e viene percepita come imminente.

Non più, come accadeva in passato, tanto distante nel tempo da poter permettere loro di alzare le spalle e continuare l’esistenza incuranti del rischio che li circonda.

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